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Laives ai tempi della

Capitolo 7

via Claudia Augusta

Laivesotti di allora

La via Claudia Augusta, ponte militare – e non solo – tra la prospera Val Padana e il mare Adriatico e le ricche terre d’Oltralpe (che peraltro i Romani non riuscirono mai a conquistare completamente, fermandosi al noto “limes”, dato che le varie popolazioni di “barbari” ivi insediate opposero una resistenza formidabile, infliggendo alle legioni romane delle sconfitte letali come nella leggendaria battaglia nel bosco di Teutoburgo dell’anno 9 d.C., in cui alcune tribù guidate da Arminio / Hermann sterminarono nel sangue tre legioni romane guidate da Varo), fu la prima imponente infrastruttura viaria ad attraversare la valle dell’Adige tra Egna e Bolzano, fino ad allora percorsa e attraversata in lungo e in largo solo da una fitta rete di miseri quanto precari camminamenti.

Infatti, come ha giustamente osservato un nostro lettore, per i grandi collegamenti tra le varie valli e regioni erano in uso dalla notte dei tempi le cosiddette “vie alte”: più difficili da percorrere, chiaramente, ma meno esposte all’irruenza dei vari fiumi e in grado di superare ostacoli naturali che ostruivano il passaggio a valle.

 

Ciò detto, nei prossimi capitoli andremo a esporre, sempre alla nostra maniera, i dettagli dell'impresa che non fu né facile né indolore.

A tutt'oggi non è chiaro come e perché questa grande e importante strada fortemente voluta da Augusto scomparve dalla faccia della terra, lasciando pochissime ma comunque preziose tracce di sé. Una cosa è comunque certa: per questi luoghi, e quindi anche per il territorio che ci interessa tra Vadena, Bronzolo, Laives e Bolzano, rappresentò una svolta radicale, una vera e propria rivoluzione, il tracollo di un prosperoso mondo secolare e, ahimè, l’inizio di un lungo, apparentemente inarrestabile decadimento economico, culturale e, non ultimo, morale.

 

Chi ha la pazienza di sfogliare le molte pagine di storia dedicate alla nostra regione, non di rado si imbatterà in considerazioni poco garbate nei confronti dei vecchi “Laivesotti” di allora, dipinti ancora per tutto il medioevo come selvaggi e loschi personaggi sfaccendati e attaccabrighe dediti ad ogni sorta di vizi e, pure, briganti specializzati nell'assalto “bastoni alla mano” e al massacro di poveri viandanti derubati di vita e averi.

Fu questa la conseguenza naturale della politica di annientamento o assimilazione della popolazione retica attuata dai Romani, che di fatto crearono la grande regione della Rezia ma vincolarono i suoi abitanti originari ad un ruolo assolutamente marginale e subordinato, riservando invece a sé tutto ciò che trovarono di utile e prezioso - e non era poco.

A parziale giustificazione della loro “mano pesante” i Romani descrissero per secoli i poveri Reti come un popolo di sanguinari belligeranti, privi di leggi e di timore degli dei. Lo storico Dione si spinse fino al punto di sostenere che i terribili e cruenti Reti uccidevano tutti i maschi che riuscivano a far prigionieri e, sentite bene, non solo quelli già nati ma anche i nascituri che si trovavano nel ventre delle loro madri…

Evidentemente i Reti avevano già scoperto i raggi x…

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