La romanizzazione dell’odierno Alto Adige non avvenne da un giorno all'altro ossia come diretta conseguenza dell’incursione vittoriosa di Druso nell'anno 15. Si trattò invece di un processo lento e “naturale”, dovuto non ad azioni di forza ma alla reciproca vicinanza e contaminazione.
I Reti, che pure godevano e andavano orgogliosi di una propria tradizione e cultura, erano ovviamente attratti dalle novità – e non erano né poche né poco significative – che i Romani introdussero un po’ in tutti i campi. Per fare un paragone, l’americanizzazione del mondo moderno è avvenuta anche grazie alla musica, al cinema, al cibo, ai modi di vita diversi dai nostri e non solo in seguito alle azioni di guerra.
In ugual misura bisogna immaginare che i giovani Reti erano attratti non poco da certe usanze e “libertà” romane e probabilmente anche le avvenenti fanciulle laivesotte del tempo non disdegnavano l’incontro fugace degli sguardi con qualche bel ragazzotto di passaggio…
Son cose insite alla natura umana e meccanismi che si sono riprodotti infinite volte.
Oltre a questi fattori “mondani” e connessi alle “mode”, chiaramente i Reti avevano trovato nei facoltosi Romani un grande partner commerciale. Se con i Celti al di là delle Alpi gli scambi avvenivano in modo piuttosto circoscritto, con i Romani era tutta un’altra musica…
I Romani , che fondarono Tridentum all’inizio del I. secolo a.C. (e la città divenne municipium verso il 40 a.C) e quindi potevano già essere considerati vicini di casa degli abitanti della valle dell’Adige, apprezzavano soprattutto due cose dei Reti: i prodotti dell’artigianato e il vino.
Del vino dovremmo per forza parlare in maniera più esauriente, perché la coltivazione della vite e tutto ciò che ne consegue può essere considerato il centro focale dello sviluppo culturale di larga parte del mondo antico almeno dall'epoca dei Fenici in poi.
Laives ai tempi della
La romanizzazione
Capitolo 16
via Claudia Augusta
Ma i Reti, oltre al buon vino, erano noti soprattutto per essere degli ottimi orafi e ovviamente gli oggetti di loro produzione erano molto richiesti sul mercato romano.Dunque, siamo in presenza di due popoli che a lungo hanno convissuto pacificamente o senza troppi problemi. Gradualmente, la lingua e le usanze romane sono entrate a far parte del patrimonio culturale dei Reti, e ciò soprattutto nella valle dell’Adige dove più frequenti erano i contatti. Non è escluso che già in quest’epoca certi giovani Laivesotti andassero ad arruolarsi nell'esercito romano e al loro rientro in patria contribuissero a loro volta al diffondersi e radicarsi della cultura romana nel mondo retico.Perché allora avvenne la collisione delle due culture? Quando Augusto decise di espandere l’impero verso la Germania, ovviamente le ragioni militari prevalsero su
quelle commerciali o affettive. Ci voleva una
strada rapida e sicura per far transitare le legioni e, ahimè, su questo punto i Reti non ci sentivano. Ogni volta che una centuria passava, qualche baldo giovanotto retico non perdeva l’occasione per tendere un’imboscata e fare bottino. Non che i Romani fossero spaventati dalle “bande” retiche, composte, quando andava di lusso, da qualche decina di giovani armati alla ben’e meglio: ma gli davano fastidio, gli facevano perdere tempo e il tempo, anche allora che si viaggiava a piedi e a fatica per una quindicina di chilometri al giorno, era un bene prezioso. È un po’ come se voi, al termine di una giornata di lavoro vi sedeste comodi sul divano per guardare la televisione o leggere un buon libro e una mosca fastidiosa continuasse a ronzarvi intorno alla testa: dai una volta, dai la seconda, alla terza vi alzate e cercate di abbatterla con l’attrezzo a ciò deputato.Insomma, nel corso dei decenni che precedettero la disfatta dei Reti, i rapporti furono intensi e proficui e la gioventù retica era sicuramente attratta dai “moderni” Romani. Poi chiaramente la situazione mutò repentinamente: i maggiori villaggi furono distrutti e il fondovalle e le zone di collina (i Romani, che allora non venivano ancora a sciare in Val Gardena, l’abbiamo già detto, odiavano la montagna: dai 1000 metri in su tracce romane sono difficili da trovare) soprattutto in prossimità delle vie di comunicazione furono lentamente popolate da Romani – anche se, e questo è un aspetto curioso, i Romani non realizzarono mai insediamenti di una certa grandezza nella nostra provincia. Basti pensare che la “città” più grande fino ad ora scoperta è quel Sebatum nei pressi di Brunico in Val Pusteria: un degno paesello ma nulla più.