Laives ai tempi della
Capitolo 15
via Claudia Augusta
pevasniX esi upiku tiutisaXvili pipe risnati.
Sono giorni tristi, questi, che inducono al silenzio e alla riflessione. Proprio per questo, oggi vogliamo dedicare la nostra attenzione ad un luogo antico e disperso tra le nuvole ma abbastanza vicino a noi in cui si sono consumati sia atti di estrema violenza (qui si è svolto tra l’altro il famoso assedio del 1423 da parte di Federico IV detto “dalle tasche vuote” che poi diede il nome al luogo e che vide tra i partecipanti anche il grande poeta Oswald von Wolkenstein, che lo narrò in una celebre poesia che, qui sotto, ho tradotto - penso per la prima volta - in italiano dal tedesco medievale) che azioni d’amore…
Abbiamo già descritto la rete viaria dei Reti per quanto riguarda la valle dell’Adige. Da Laives, antico villaggio retico (si pensa infatti che tutti i nomi di luoghi con la –s finale siano di derivazione retica, tipo Laives, Schlanders, Nalles eccetera) si diramavano diverse vie: a fondovalle, nella bella stagione, si poteva comodamente raggiungere l’attuale Pineta, dove pure sorgeva un piccolo villaggio successivamente occupato e trasformato dai Romani a difesa della strada; più avanti ancora un altro villaggio, S. Giacomo, peraltro raggiungibile anche dall’alto e noto perché sulla collina sovrastante l’attuale abitato sorgeva una sorta di luogo protetto in cui i Reti conducevano le loro donne nei momenti critici…
Da qui attraverso il Virgolo si poteva raggiungere la zona di Rencio e il Colle oppure attraversare la valle dell’Adige su una strada che correva tra i fiumi (l’odierna via Penegal) e raggiungere Castel Firmiano, dove esisteva la possibilità di attraversare l’Adige.
Un'altra strada raggiungeva Gries e S. Maurizio, che insieme a Rencio formavano la Bolzano di allora, mentre il resto del territorio era coperto da sterpaglie, boschetti e acquitrini adibiti a pascolo. Ci troviamo ora nel cosiddetto angolo sacro, e diverse erano anche qui le possibilità di movimento: sempre nel fondovalle verso Settequerce e Terlano oppure lungo gli Urwege che salivano (e tutt’ora salgono) ripidi ma sicuri fino a Cologna e S. Genesio…
Proprio su quel tratto di valle sorge, appena visibile in cima a uno sperone di roccia, il Castel Greifenstein o Castel del Porco, peraltro abitazione dell’ultimo conte di Bolzano von Morit in epoca medievale. Si tratta di un luogo di culto di antichissima data, parliamo di cinque o anche seimila e più anni… Numerosi sono stati i ritrovamenti di vario genere ma quel che interessa a noi – ed è per questo che siamo venuti fin qui – è un piccolo cerchio metallico del diametro di ca. 11 cm proveniente probabilmente da un antico boccale di fattura etrusca sui cui si trova la seguente iscrizione in caratteri retici:
pevasniXesiupikutiutisaXvilipiperisnati.
Bella, no? Prima di rivelarne il presunto significato, voglio aggiungere che si tratta della più antica iscrizione retica mai trovata nella nostra zona. Secondo gli studiosi in realtà la parola si compone… di sei parole, e cioè:
pevasniX esi upiku tiutisaXvili pipe risnati
e significherebbe “questa dolce bevanda ha offerto per sua moglie Tiutisaquil Pipe il Risnate".
Insomma, un bellissimo gesto d’amore che vorremo contrapporre alla violenza gratuita e incomprensibile di questi giorni.
Ed ora, per chi fosse interessato, le parole del grande Oswald:
“Colpiteli duro“, urlavano i signori di Wolkenstein
“acciuffateli, rompetegli le ossa ad uno ad uno,
e vedrete che in un attimo li scacciamo tutti quanti da Greifenstein!“
Così dicono i Wolkensteiner, temuti e rispettati da tutti.
Era tutto un turbinio di tizzoni e scintille,
giù lungo le pareti rocciose, completamente illuminate.
Le armature e le balestre erano troppo pesanti.
Ma tutti noi si pensava al bottino, e con vigore si colpiva il nemico.
Non importa chi si oppone
Macchine, muraglie o tende,
il conte Federico avrà la sua ricompensa,
la paghiamo volentieri fino all’ultimo centesimo.
Baruffe in valle ce n’erano molte
ma non potevano fermare la nostra avanzata.
Poi sotto Ravenstein ci aspettava il tranello.
Dalle retrovie arrivò la freccia velenosa.
Quei vigliacchi dei contadini di San Giorgio
non tennero fede al sacro giuramento;
si misero d’accordo con Ravenstein:
“Buongiorno, vicini falsi; che il diavolo vi colga!“
E così ci fu un gran macello
con grandi urla ci battemmo noi –
come eravamo nobili, così ora impietosi.
Con il fuoco li vincemmo, abbandonarono il maso con uomini e topi.
Ma la loro supremazia andò aumentando:
da Bolzano e da Merano li portarono,
dal Renon, da Avelengo con gran fracasso;
anche Sarentino e S. Genesio… Ma riuscimmo a fuggire.