Il Monte Macaion (1866 m), spartiacque tra Trentino e Alto Adige, è la parte terminale della dorsale della Mendola. L’imponente roccia spicca nel paesaggio come un’enorme macchia bianca (forse da qui il suo misterioso nome diffuso in Val di Non mentre in tedesco si chiama Gantkofel, dove Gant indica un dirupo pietroso) e cade a strapiombo per 1500 metri sul paese di Andriano.
Il sole compare e scompare dietro le nuvole e solo a sprazzi evidenzia il candore della parete dalla singolare forma a panettone. Una grande croce è sistemata non sulla vetta ma nel luogo più visibile dal centro del paese. È tradizione accendere quassù i fuochi in onore del Sacro Cuore di Gesù.
In quest’epoca di pandemia, i paesi che visitiamo sembrano generalmente spopolati. Chi si aggira per le strade desta sospetto ed è difficile essere accolti con un sorriso. Strade, piazze ed edifici sembrano accomunati dalla stessa impassibilità, dal medesimo desiderio di distacco da un mondo irriconoscibile. Più che vuoti, sembrano inutili: quasi appartenessero al tempo di una socialità che non ritornerà più.
Lo sguardo è continuamente attirato dal gigantesco monte che a tratti sembra volersi chiudere come un coperchio sul piccolo abitato. A destra e sinistra della piazza si dipartono le vie pedemontane verso Nalles e Appiano, alle nostre spalle si intravede il caratteristico campanile a punta della chiesa di Terlano.
In cima al conoide alluvionale creato dalle acque dell’impetuoso Rio Gaido, dal verde del bosco sbuca come un grande nido il castello medievale di Wolfsthurn. Dietro le sue mura nel corso dei secoli hanno dimorato tutti i signori del luogo. Oggi la costruzione è aperta ai villeggianti.
Ben più in alto, quasi invisibile su uno spuntone di roccia che cade a precipizio nella tremenda valle dell’Inferno, spicca il leggendario e apparentemente inaccessibile castello di Festenstein (o Castelforte) del XIII secolo. Qui, secondo la leggenda, dimoravano i Raubritter, cavalieri che nottetempo scendevano a valle per depredare e uccidere i passanti. In realtà la costruzione è appartenuta ai potenti Conti di Appiano e successivamente fu acquistata, tra gli altri, da Giovanni da Villandro e Paolo di Liechtenstein.
Torniamo in piazza e ci dirigiamo verso la chiesa parrocchiale dedicata a San Valentino, costruita probabilmente nel XIII secolo e poi ristrutturata e ampliata in varie occasioni. Da qui si gode di una bella vista sulla valle dell’Adige verso Bolzano e Merano.
Andriano è uno dei paesi più piccoli dell’Alto Adige. Insieme a Terlano, che visiteremmo la prossima volta, pur trovandosi geograficamente nel Burgraviato, fa parte della comunità comprensoriale Bassa Atesina-Oltradige. È un borgo abitato fin dal tempo dei Romani. Anche il suo nome, che per la prima volta compare come Andrian in un documento conservato presso l’archivio del convento di Gries, riconduce ad un antico praedium Andrianum ovvero fondo di Adriano. Notoriamente era consuetudine assegnare fondi agricoli ai militari romani in congedo e di questi “poderi”, per lo più adibiti alla viticoltura, in zona ne troviamo parecchi. Gli scavi archeologi hanno riportato alla luce numerose testimonianze della presenza romana tra cui sepolture, monete e attrezzi da lavoro soprattutto attribuibili al mondo agricolo.
Dal medioevo in poi, Andriano deve la sua importanza principalmente al vicino fiume Adige; infatti proprio qui un tempo si trovava un traghetto per attraversare il fiume. E sempre ad Andriano potevano essere messe in acqua le zattere per il trasporto di merci verso sud.
Oggi il paese con i suoi 1000 abitanti è circondato da frutteti e vigneti. Le case sono per lo più unifamiliari e offrono una qualità di vita di prim’ordine. Nel 1928, pur vantando un’autonomia di antica data, il comune venne aggregato alla vicina Nalles, comune dal quale si staccò definitivamente solo nel 1953.
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(c) Foto: David Kruk 2021
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