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Da Laives a Lichtenstein, il mistero dei nomi

di Reinhard Christanell

Fotoservizio: David Kruk - Foto anni 30: collezione Angelo Rebasti

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Molti aspetti un tempo sconosciuti della storia di Laives sono stati svelati dalle ricerche e dai ritrovamenti archeologici avvenuti nel corso di tutto il XX secolo. Ma molti misteri rimangono...


Già negli anni ’30, i bolzanini Georg Innerebner (esplorò anche la cisterna del Peterköfele, che in modo assai ingegnoso garantiva l’approvvigionamento idrico al vecchio castello) e Peter Eistenstecken sondarono a fondo il territorio “vergine” del Montelargo / Breitenberg, dove in effetti scoprirono gli stupefacenti resti di antichi castellieri. Verso la fine del secolo, grazie all’intensa attività edificatoria che travolse Laives, fu la volta del conoide sui cui sorge il paese: e in varie zone vennero alla luce tracce inequivocabili di siti risalenti quantomeno all’età del ferro.

Insomma, a poco a poco si consolidò la consapevolezza che questa piccola località all’imbocco della Vallarsa non era semplicemente un centro agricolo di origine medievale sorto “a servizio” e, anche, a protezione della strada verso la nuova città mercantile di Bolzano – fondata, come Egna, alla fine del XII secolo dai potenti vescovi trentini per soddisfare le loro ambizioni commerciali – ma uno dei paesi più ricchi di storia della Bassa Atesina.



Certo, non tutto (o forse pochissimo) di quel lungo passato è stato riportato alla luce: a iniziare dal nome stesso del paese. Laives / Leifers in tutte le sue forme note (e a volte trascritte male) rimane a tutt’oggi un autentico fossile linguistico, un suono perfetto ma pietrificato dal tempo e spogliato di significato che possiamo ripetere a piacimento senza mai coglierne il senso originario. Possiamo però ipotizzare che la sua origine andrebbe ricercata non tanto nell’epoca romana (che prediligeva i cosiddetti prediali in -anum, peraltro assenti in Bassa Atesina) ma in quella precedente retica e in uno degli insediamenti che prima e dopo il V secolo a.C. sorsero sul conoide e sulla riva del Vallarsa. A tal proposito si può aggiungere, che quasi tutti i toponimi “alpini” (e sono centinaia) che finiscono in -s sono di origine preromana/retica. In tal senso, e considerato che i nomi scelti da quel popolo misterioso e profondamente religioso erano semplici e comprensibili a tutti, Laives dovrebbe portare il nome del fondatore del primo vero villaggio o di una divinità a cui era consacrato.

Sempre a proposito dei nomi locali, che molto potrebbero raccontarci del passato del paese, pare che il più antico toponimo documentato sia quello di Lichtenstein, il castello sul Peterköfele anch’esso di proprietà dei principi-vescovi trentini, costruito probabilmente in concomitanza con la fondazione di Bolzano e distrutto definitivamente dal tirolese Mainardo II. In questo caso, però, si tratta certamente di un nome medievale. Il nome precedente del sito, certamente frequentato (a che scopo non si sa ma forse quale luogo di culto), è completamente sconosciuto. Il linguista Finsterwalder ritenne infatti che i nomi dei castelli medievali sorti tra il XII e il XIII secolo fossero quasi tutti di origine “fantasiosa” o ideologica, nel senso che erano espressione di un ideale mondo cavalleresco slegato dalla realtà e dalle esigenze territoriali. Al “chiarore” o alla luce (Licht) sono infatti ispirati vari nomi di castelli in tutta Europa e, proprio di fronte al nostro Lichtenstein, anche quello della Leuchtenburg / Castel Chiaro. È dunque plausibile che furono i padroni “trentini” insediati a Castel Weineck ad attribuire il nome alla collina di San Pietro e questa lo trasmise alla dinastia ministeriale dei Lichtenstein.










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