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Egna, capoluogo della Bassa Atesina


Una bizzosa giornata autunnale, con nubi che scavalcano minacciose la Costiera della Mendola, ci scorta da una frazione all’altra di Egna: timido sole a Villa, antica Endidae romana ai piedi di Castelfeder, pioviggine in centro, scrosci di pioggia e vento nella mirabile Mazzon, perla incastonata tra boschi e pregiati vigneti a picco sul paese.

Qui passò, la settimana santa dell’anno 1004, anche il re tedesco (d’Italia) Enrico II diretto a Trento e il suo biografo Adalbold narrò di aver “attraversato zone sterili, montagne selvagge, vaste foreste e vie scivolose”. Nessun accenno all’Adige, principale via di comunicazione tra nord e sud d’Europa, che dominava la valle diramandosi pacioso in mille meandri, stagni e laghetti.

E proprio sulla sponda sinistra del fiume il vescovo trentino Corrado da Beseno fondò nel 1189 il “Burgum Novum” (sub burgium de Egna, oggi Castel Enn) allo scopo di sfruttarne, quale porto dell’emergente Bolzano mercantile, e della valle di Fiemme ricca di legname, la navigabilità. Nel 1220 il paese andò distrutto e fu poi ricostruito nella posizione attuale con il nome di “Forum novum”, germanizzato nel XIV secolo in “Newenmarcht”. Così la principale mansio romana tra Tridentum e Pons Drusi divenne il primo e forse unico paese dal nome tedesco della Bassa Atesina ancora tutta ladina, tutti gli altri affondano le proprie radici in età preromana.

L’odierna Egna, distinto capoluogo dell’Unterland di 5000 abitanti, è sorta tutt’attorno a questo cuore antico ben conservato. Verso la fine del 900 ha subito un’urbanizzazione tutto sommato contenuta ma abbastanza anonima e slegata dal contesto storico.




Partendo da Villa, con i suoi antichi masi, si incontrano tesori architettonici di straordinaria bellezza fino ad arrivare, passati convento e chiesa dei frati Cappuccini, al cospetto dei superbi portici, dove, tra l’altro, soggiornò in catene anche il patriota tirolese Andreas Hofer prima del suo martirio mantovano. Sontuosi palazzi signorili e nobili dimore mercantili affiancano case rurali contraddistinte dall’ architettura tipica della zona, con generosi Erker, ampi volti e cortili interni, facciate decorate. Proprio questo peculiare insieme urbano ha permesso a Egna di essere inserita nel novero dei borghi più belli d’Italia.

Incontriamo l’architetto Zeno Bambi, da decenni impegnato nel recupero e nella valorizzazione dei portici. Ci racconta che il 70% della cubatura è stato nel frattempo recuperato e anche per la parte rimanente vi sono ottime prospettive. “I giovani hanno riscoperto il valore della convivialità, del vivere urbano e sociale”, dice infatti, “e in tal senso gli spazi offerti dai nostri portici offrono un’opportunità ineguagliabile”.

Salendo verso il borgo Mazzon e la bellissima chiesa dell’Arcangelo Michele, una terrazza affacciata sulla valle dell’Adige, si nota la zona artigianale alle porte del paese. Ciononostante, l’economia di Egna è incentrata principalmente sull’agricoltura, mentre sembrano tramontati i tempi in cui dal suo porto fluviale transitavano merci e personaggi di ogni sorta. Poche sono le strutture ricettive (“Egna non ha mai avuto una vera vocazione turistica bensì mercantile”, dice Bampi), e anche il commercio sotto i vecchi portici sembra ridotto ai minimi termini. “Avrebbe bisogno di incentivi come altri settori dell’economia”, conclude l’architetto, “i nostri negozianti non possono competere con le grandi catene.” Un male comune a molti siti storici sopraffatti dalle leggi del mondo globalizzato.


©️ Reinhard Christanell

©️ Foto: David Kruk

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