di Reinhard Christanell ©
Servizio fotografico di David Kruk ©
Siamo a Settequerce, piccola frazione del comune di Terlano. Poche anime attorno ad una chiesa, una bella scuola elementare, un grappolo di case lungo la vecchia statale per Merano e, immersa nei pregiati vigneti di Sauvignon e Pinot, qualche antica residenza nobiliare.
La più prestigiosa è sicuramente il “Schlössl”o tenuta Kornell, di cui fanno parte anche le rovine di Castel del Grifo / Greifenstein, un nido di pietra pressoché imprendibile su uno sperone di roccia infilato nel nulla ovvero, come scrisse Beda Weber che lo visitò nel maggio 1827, “hoch oben im Reiche des Lichts und der Luft” (lassù nel regno della luce e dell’aria).
La fortezza, una presenza massiccia ma quasi invisibile dal fondovalle, fu eretta tra XI e XII secolo da un rampollo dei conti di Appiano (successivamente, come conti di Bolzano chiamati von Morit-Greifenstein), probabilmente sui resti di un castelliere o luogo di culto preistorico. Nel gergo popolare, viene tuttora denominata “Sauschloss”, Castel del Porco, poiché nel corso di un assedio nel 1423 gli assediati lanciarono un suino sugli increduli nemici. Oswald von Wolkenstein descrisse la battaglia in un Lied: “Era tutto un turbinio di tizzoni e scintille, / giù lungo le pareti rocciose, completamente illuminate. / Le armature e le balestre erano troppo pesanti. / Ma tutti noi si pensava al bottino, e con vigore si colpiva il nemico.”
Un paesaggio arcano, questo, sospeso tra Alpi e Mediterraneo – e per certi versi reticente. Il visitatore è accolto con discreta ritrosia. Per “conquistarlo”, serve la perseveranza dei curiosi e, soprattutto, la disponibilità ad affrontare, salendo da valle a monte anziché scendendo comodamente dal “Noafer” di Cologna, l’impegnativa salita lungo le pareti quasi verticali.
Tutt’attorno al Monzoccolo o Tschögglberg, dove la nuda roccia arretra, la cintura vegetale cresciuta sui detriti, ruscelli, cascate: una sorta di mezzaluna fertile sottratta alla pietra che rappresenta il cuore antico di un mondo irrimediabilmente scomparso. Non a caso parliamo di Angolo Sacro, un universo complesso, in perenne equilibrio tra divino e profano, tra tempo e spazio, che nei secoli ha accolto i primi agricoltori neolitici e i misteriosi reti, i dominatori romani e i signori medievali. Solo oggi, su questa sponda dell’Adige sembrano regnare la pace e il silenzio: ed anche il santuario dei santi Cosma e Damiano, la cui vetusta chiesetta spunta discreta dal fitto della boscaglia, sembra sprofondato nelle pieghe dell’oblio eterno.
I reperti rinvenuti nei “ripostigli” o sotto le vigne sono talmente numerosi e significativi da rendere quest’area tra S. Maurizio (la vecchia Russan) e la Chiusa di Terlano un centro archeologico di assoluto rilievo. È evidente che gli antichi insediamenti con le case in pietra e legno, le prime miniere e officine, i luoghi di culto, i primitivi terrazzamenti che dovevano rendere meno difficoltosa la coltivazione della terra, le fortificazioni erette a difese di una cultura arcigna che i conquistatori romani estinsero nel fuoco, i percorsi funambolici lungo le coste montagnose, i roghi votivi con i resti carbonizzati delle vittime sacrificali (soprattutto ovini) e le caratteristiche sepolture comprovano una presenza umana protrattasi per millenni. Ceramiche di varie fogge “narrano” dei contatti culturali e commerciali con il mondo italico, in particolare etruschi e veneti, spade, pugnali e elmi in bronzo e ferro, gioielli, monili e monete con l’effige degli imperatori di Roma, zappe e altri attrezzi agricoli, macine in pietra, utensili domestici arricchiscono, insieme alla necropoli sotto la scuola, la storia di questa incredibile terra.
È una giornata di pioggia, le nuvole che salgono dai terreni paludosi della valle dell’Adige avvolgono il Monzoccolo e i suoi imperituri tesori. Il tempo giusto per esaminare un’iscrizione su un cerchio metallico proveniente da un boccale di fattura etrusca: “pevasniXesiupikutiutisaXvilipiperisnati”. Potrebbe significare – ma siamo nel campo delle ipotesi – “questa dolce bevanda ha offerto per sua moglie Tiutisaquil Pipe il Risnate”. Il romanticismo d'annata che non t’aspetti.
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