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La piccola guerra di Vadena

di Reinhard Christanell (c)


Agli albori del XX secolo, ben prima della grande guerra e del passaggio dell’Alto Adige asburgico all’Italia, il comune di Vadena fu teatro di un autentico conflitto tra opposti nazionalismi.


Scrive, in merito, la Lienzer Zeitung del 10 maggio 1902 nelle sue Notizie dal mondo: “Non esiste più una Gemeinde Pfatten ma soltanto un Comune di Vadena.”

Cos’era mai successo per sconvolgere i secolari equilibri etnico-politici del minuscolo comune di 444 abitanti (censimento del 1890) della Bassa Atesina? Contrariamente a tutte le previsioni, la “Lega nazionale pro Vadena” del roveretano Miori e del trentino Dr. Richard Ferrari, legata al movimento irredentista trentino “Italia irredenta”, aveva vinto le elezioni comunali per un solo voto. A quanto pare, una vedova “tedesca” non si era recata alle urne e aveva determinato, grazie al particolare sistema elettorale allora vigente, la vittoria degli irredentisti. Chiosò il giornale “Alto Adige” di Trento: “Avanti, Lega nazionale! Avanti Italiani di buona volontà! Eliminate la “brutta cosa” della scuola tedesca di Vadena e quella ancor peggiore dell’asilo del signor curato Malpaga!”

La stramba guerra vadenota, che da tempo covava sotto la cenere, vide come principali quanto involontari protagonisti i bambini in età scolare. Entrambe le fazioni peregrinarono di famiglia in famiglia (peraltro molte di costoro ridotte in miseria) per convincere i genitori a iscrivere i propri figli a questa o quella scuola. I vincitori delle elezioni miravano a chiudere definitivamente la vecchia Grundschule, gli oppositori, spalleggiati dalle autorità scolastiche, a impedire l’apertura di una scuola in lingua italiana che avrebbe potuto minare alla base il fragile “Deutschtum” di un territorio di confine come l’Unterland.



La guerra, che allora toccò solo marginalmente altri comuni della Bassa, si trasferì ben presto a Bolzano, Innsbruck e, infine, al parlamento di Vienna. Vadena era diventata il luogo simbolo della “questione nazionale”. Miori, capo del comune, cercò di esautorare le autorità scolastiche locali in mano alla fazione opposta che alla fine ottenne l’appoggio determinante del titubante ministero viennese. A quel punto, e prima delle successive elezioni comunali che avrebbe potuto ribaltare l’esito delle consultazioni precedenti, Miori e Ferrari aprirono una scuola privata italiana presso il podere di quest’ultimo al Castello. I figli dei numerosi coloni trentini, che fino ad allora avevano frequentato la scuola tedesca, furono “invitati” a trasferirsi in quella privata italiana.

Va detto, che la “guerra” di Vadena, al di là dei bambini strumentalizzati, era anche una guerra economico-sociale: da una lato il vecchio sistema rurale basato sulla piccola proprietà contadina (il freier Bauernstand), dall’altra il latifondo italiano affidato a coloni e mezzadri malpagati e perciò altamente concorrenziale nei confronti del primo. I latifondisti vadenoti, quasi tutti originari del Welschtirol, che avevano acquistato le terre malsane dopo le bonifiche di metà secolo, trovavano i loro coloni nelle affamate valli trentine.

La “piccola” guerra terminò – momentaneamente – nel 1903, quando la scuola di Ferrari e Miori fu chiusa in seguito ad una petizione firmata da 88 comuni altoatesini. Quella “grande” era in arrivo.






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