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Viaggiatori a Laives, la visita di Beda Weber

di © Reinhard Christanell


Molti sono stati i viaggiatori noti e meno noti passati dal nostro comune. Imperatori, condottieri, semplici pellegrini e, per fortuna, anche ricercatori interessati alle specificità di questo territorio. Tra i più importanti va annoverato lo scrittore e sacerdote Beda Weber, che nel suo “Die Stadt Bozen und ihre Umgebungen”, pubblicato nel 1849, raccolse studi e impressioni di viaggio sulla città di Bolzano e i comuni del circondario.

Abbandonando Bolzano in carrozza per un'esplorazione allora avventurosa “nel selvaggio sud”, rimase colpito dai pioppi che cingevano la polverosa “via postale”. Il paesaggio, plasmato dall’attività alluvionale di Adige e Isarco, “fiumi che tengono in pugno il destino degli uomini con la loro furia”, versava in stato di abbandono. Pochi gli pochi alberi e i cespugli. “Una vera piaga dato che in quelle lande si annida ogni sorta di malfattori”, commentò. Ma poi apprezzò le siepi di prugnolo e gelsi che delimitavano le proprietà, “a differenza degli orribili muri di pietra che circondano i campi a Bolzano e Merano”. Ovviamente si faceva sentire “l’aria del sud” e Weber ne rimase affascinato. A S. Giacomo ammirò la chiesa eretta “nel 1477 grazie alla generosità dei signori Hans e Konrad Ellinger”. Lo stupirono per i minuscoli vigneti “che certamente producono poco vino perlopiù malsano”. Il conducente lo tranquillizzò affermando che si trattava comunque di vino bevuto dai soli “indigeni”.

Dopo S. Giacomo, la strada continuava ancora sotto la montagna e “le magnifiche rocce di porfido sotto i masi di Seit”. Sull’altro versante, una distesa di campi di mais e i di gelsi”. Qua e là s’intravedevano anche piante “tra cui il dolce mandorlo”.

Poi l’agognato arrivo a Laives. “Il paese si trova 770 piedi sopra il mare dove la valle raggiunge un’ora di larghezza e conta 280 abitanti rispetto ai 790 complessivi di questo comune.” Weber, ammirata la bella scuola nuova, visitò la Vallarsa e il Peterköfele (interessante la tesi secondo la quale il castello distrutto dei Lichtenstein venne abbandonato poiché i proprietari avevano trovato di meglio altrove) e incontrò molti pellegrini “di ogni dove nei loro costumi tradizionali” diretti a Pietralba. La permanenza della sacra immagine, contesa tra Laives e Pietralba, era l’argomento del giorno, come del resto la più volte annunciata regolazione dell’Adige che continuava a distruggere ciò che gli uomini faticosamente creavano. Ma da lì a poco sarebbe arrivata, nel 1859, la ferrovia e “con questa una nuova barriera contro le inondazioni”.

Quando accennò con disappunto al “noto” clima insalubre del paese, dovuto ai terreni acquitrinosi, venne vivacemente contraddetto dall’oste (del Casagrande?) che criticò aspramente coloro “che denigrano il nostro comune senza conoscerlo mentre in realtà è migliore di quelli montani”.

Partì quindi alla volta di Bronzolo, dove gran parte della popolazione era occupata presso il porto sull’Adige. Osservò meravigliato i portatori d’acqua con le lunghe pertiche e i due secchi alle estremità che andavano e venivano dalle fontane pubbliche. Era arrivato in Italia.






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