Capitolo 28
Laives ai tempi della
via Claudia Augusta
Il Vino
In un paesino del Caucaso meridionale, nell'odierna Georgia, è stata recentemente fatta una scoperta sensazionale. Infatti, all'interno di una grotta sono stati rinvenuti un torchio per il vino e un recipiente per la fermentazione risalenti a 6000 anni fa: la più antica cantina vinicola del mondo. In un batter d’occhio, questo ritrovamento ha fatto piazza pulita di tutto ciò che fino ad allora si era pensato e scritto sulle origini della viticoltura e sulla domesticazione della vite.Si sarà capito che è finalmente giunto il momento di parlare del vino, componente essenziale della vita e, soprattutto, del complesso rapporto tra sacro e profano, tra l’uomo alla perenne ricerca di se stesso e di un creatore e le ritrose divinità celesti. Non per nulla fu il dio Dioniso in persona a introdurre gli umani nella conoscenza della viticoltura e per millenni il vino, consumato nella giusta misura e in determinate occasioni, fu lo strumento (di autentico potere) che permetteva a pochi eletti di comunicare in gran segreto con gli esseri supremi… In tutto il bacino del Mediterraneo il vino, sia proveniente dalla vite selvatica che da quella domesticata, accompagnava riti sacri e cerimonie ed era considerato il più prezioso e sublime di tutti gli alimenti. Solo il tè in Oriente ha goduto della stessa fortuna e importanza nella vita degli umani, di cui ha determinato cultura, credenze e abitudini.E gli abitanti delle valle dell’Adige, i Laivesotti dell’anno zero, bevevano vino? Certo, ne producevano e ne bevevano. Il vino retico era tra i più rinomati e anche qui le cerimonie religiose, pacifiche o cruenti, erano improntate all'esaltazione di questa bevanda. Va detto che il vino retico, come in genere il vino dell’epoca, era differente da quello che conosciamo noi: denso, più simile al miele, e perciò da consumare diluito e speziato.
Intorno e insieme al vino si diffuse la creazione e successivamente il commercio di una vasta gamma di attrezzi necessari sia per la produzione che per il consumo della bevanda. I Reti avevano appreso l’arte della vinificazione dagli Etruschi e insieme a loro “esportavano” vino verso le regioni del nord abitate dai Celti. Furono poi i Romani a trasformare l’uso del vino da evento straordinario in fatto quotidiano (anche se alle donne, per motivi... precauzionali, non fu mai consentito), per cui il vino perse gran parte della sua sacralità. Non è tuttavia un caso se ancora oggi nell'eucaristia il sacerdote beve vino identificandolo con il sangue di Dio: perché questa è sempre stata l'essenza e la funzione del vino.
I Romani, come detto, ne fecero un bene di largo consumo e crearono, accanto alle qualità più pure e pregiate come il Falerno, una vasta varietà di bevande derivate o ottenute aggiungendo al vino spesso di scadente qualità spezie, cereali e quant'altro. Non è poi così peregrina l’ipotesi che anche la bevanda consumata nei campi dai nostri contadini fino agli anni sessanta, il cosiddetto “leps”, altro non sia che una delle tante misture lasciateci in eredità dai vignaioli romani insediati tra Termeno, Caldaro e la Bassa Atesina.
Ciò che si sa del vino e delle modalità in cui veniva consumato trae origine da fonti letterarie oppure da scene di vita quotidiana raffigurate su oggetti di uso comune come le situle. Cos’è una situla? Un contenitore, dalle nostre parti si direbbe una “candola” (termine che deriva dal tedesco Kanne, in dialetto Kondl), in cui si serviva il vino che poi veniva versato in tazze e boccali mediante un apposito mestolo.
Scrive, per esempio, Posidonio, autore del II-I. secolo a.C. nel suo “Ateneo”: “ I Celti siedono su paglia e si fanno servire i pasti su bassi tavoli in legno poco più alti del terreno. Il loro cibo è costituito da poco pane ma da una grande quantità di carne: bollita, arrostita su carbone di legna o allo spiedo. Mangiano con cura ma come farebbero i leoni: tengono in mano i pezzi di carne e li addentano direttamente… La bevanda dei ricchi è costituita da vino proveniente dall'Italia o dalla zona di Marsiglia: lo bevono schietto ma talvolta vi aggiungono dell’acqua. Le classi inferiori bevono birra preparata con miele.”
Posidonio ci parla dei Celti, ma a quell'epoca le usanze di Celti e Reti erano assai simili.