di Reinhard Christanell
Quotidianamente ci giungono dall’Iran notizie sui moti di piazza e la feroce repressione del regime. Centinaia sono i morti, molti gli iraniani che subiscono pesanti misure restrittive. Il mondo occidentale osserva preoccupato e, a quanto pare, impotente. Solo singoli cittadini manifestano la loro solidarietà con gesti simbolici come il taglio di una ciocca di capelli.
Abbiamo incontrato un’interlocutrice speciale, l’attrice Yassmin Pucci, che vive in prima persona il dramma dei cittadini dell’Iran. Yassmin Pucci è nota al grande pubblico per il suo ruolo di protagonista nel western Oro & piombo ma, anche, per essere la nipote, da parte di madre, della sorella gemella dell’ultimo scià di Persia, Reza Pahlavi.
Partiamo dall’attualità. Un noto calciatore arrestato, la squadra nazionale che non canta l’inno ai mondiali. La libertà d’espressione e di opinione reclamata dai cittadini bollata dal regime come tradimento della patria. Che sta accadendo nel suo paese d’origine?
Il regime islamico sta calpestando qualsiasi diritto civile e costituzionale. Ciò che accade in Iran è un film dell’orrore. La polizia islamica o “morale” sta seminando il terrore con il pretesto della religione. Le proteste dei cittadini sono la risposta al fanatismo della religione. Ma quale Dio vorrebbe atrocità del genere? Il calciatore è stato arrestato davanti al figlio di 10 anni. Come potranno crescere queste creature sotto una dittatura del genere? Sotto questo terrorismo psicologico e fisico? Non dimentichiamo che sono tanti i minorenni vittime di questa protesta. In tante scuole bambine di sei anni si sono tolte il velo, bambine che dovrebbero pensare solo a studiare e giocare. La rabbia che stiamo provando per questo strazio è
grande.
Che pensa la popolazione della nazionale di calcio?
La nazionale ha dato un bel colpo al governo. Ha dimostrato coraggio e fierezza. Non ha abbassato il capo pur sapendo che sarebbe andata incontro a conseguenze pesantissime. Non ho idea dei provvedimenti che il governo prenderà, quel che è certo è che non ci andrà leggero.
In molte città la gente scende in piazza, c’è da temere una repressione dura del governo?
Io credo che il regime stia usando la mano pesante perché sa che il suo tempo sta per scadere. Spero che tutti questi ingiustificatissimi massacri possano terminare presto. Che le persone che hanno perso la vita per la libertà non lo abbiano fatto invano. La protesta non si può fermare ora. Credo che il popolo iraniano sia stanco di tutto questo e che non si fermerà finche non riotterrà la sua dignità.
Le persone in piazza gridano slogan o compiono atti simbolici, come il taglio dei capelli. Quali sono i diritti che rivendicano?
Per le donne iraniane credo che il taglio dei capelli sia il simbolo della propria dignità. Non sono i capelli a rendere più o meno forte una donna, non è un velo che può dimostrare l’amore e il rispetto che si ha per la propria religione. Non dimentichiamo che l’Iran ha vissuto momenti di grande splendore e “occidentalità”. La sorella gemella dello scià, la principessa Ashraf Pahlavi, fu tra le prime donne iraniane a togliere il velo con il consenso
del fratello. Indossarlo o meno non avrebbe cambiato l’integrità di queste donne. Oggi credo si voglia rivendicare quella stessa libertà di potersi esprimere e rimanere fedeli alla propria religione anche se si mostra una ciocca di capelli. Tutto è iniziato perché una giovane donna, che sarebbe potuta essere nostra sorella, figlia, amica, ha perso la vita perché indossava il velo in maniera non corretta.
Si riconosce nelle proteste della sue colleghe iraniane che sfidano apertamente il regime?
Io sono molto orgogliosa delle donne iraniane, vorrei solo poter fare di più ma vivo in un paese controverso, dove si preferisce dare spazio a reality e gossip piuttosto a ciò che sta rivoluzionando la storia. Sono molto delusa da come i media italiani stanno gestendo questo periodo storico. Mi sono rivolta a più persone in questi mesi per poter raccontare i cambiamenti in atto in Iran dopo la rivoluzione del 1979, ma nessuno mi ha dato modo di farlo. Due settimane fa c’è stata una bella manifestazione a Roma, con una vasta comunità di persiani non solo italiani ma venuti da ogni parte del mondo, non ho visto televisioni o giornalisti presenti che ne abbiano poi parlato. Noi italiani siamo così, facciamo rumore per le cose insignificanti, diamo spazio alle cose insulse e quando c’è da parlare seriamente ci giriamo dall’ altra parte. Non mi riferisco ovviamente al pubblico, mi riferisco ai vertici, che parlano e mostrano solidarietà sui social ma poi in concreto fanno veramente il minimo indispensabile.
Chi sono le persone che scendono in piazza? Personalmente ricordo anche le piazze piene del 1979 e perciò mi chiedo: ogni idea trova sempre un popolo pronto a manifestare o in questo caso si tratta di una “rivoluzione” giusta, con degli obiettivi condivisibili?
Credo che non esistano rivoluzioni sbagliate, quando un popolo è stanco il suo unico modo per cambiare qualcosa è scendere in piazza. Eravamo un popolo pieno di ideali, già da adolescenti si aveva un credo politico e lo si appoggiava in tutti i modi. Basterebbe leggere un libro su cui ho pianto tantissimo, “Lettere della seconda resistenza italiana”, dove ragazzini di 13, 14 anni, imprigionati perché combattevano per i loro ideali, scrivevano alle loro famiglie con consapevolezza e fierezza di ciò che stavano facendo. Non vorrei mai che si tornasse indietro, vorrei però che la storia avesse insegnato qualcosa, invece sembra che i giovani si allontanino dalle cose veramente importanti. La superficialità che dilaga è impressionante. Ma, tornando al ‘79, anche in quel momento il popolo era stanco del divario tra ricchi e poveri. Lo scià, ne sono consapevole, era talmente preso dalla modernizzazione del paese da perdere di vista il popolo e i tanti religiosi che non erano per niente pronti a quel salto. Sono scesi in piazza, hanno fatto la rivoluzione e si sono accorti poco dopo del tremendo errore, sono passati dalla padella alla brace. Con quella rivoluzione hanno messo un punto alla modernizzazione che lo scià stava attuando. Di colpo si sono ritrovati nel medio evo, hanno messo un punto alla loro libertà.
Che rapporti personali ha mantenuto con il suo paese d’origine ?
Tutta la mia famiglia è stata esiliata nel 1979, non ho mai messo piede in Iran e chi sa se potrò mai farlo. Sarebbe per me importante riuscire a visitare un paese che sento radicato dentro me. Purtroppo non ho modo di contattare neanche le poche persone che sono lì, perché il governo apre e chiude internet come fosse un rubinetto e con molta probabilità tra le tante coraggiosissime persone che sono disposte a perdere la vita protestando ce ne sono altrettante che hanno paura e non vogliono esporsi.
Cosa succederà ora? Il regime ha già diffidato gli altri paesi da un intervento diretto o indiretto nelle “questioni interne dell’Iran”.
Ho paura che il popolo iraniano da solo non possa farcela a ribaltare un governo privo di scrupoli. Vorrei che il resto del mondo non ignorasse il suo grido d’aiuto. Se da una parte i social ci hanno resi schiavi di un sistema superficiale e controverso, dall’ altra abbiamo la possibilità di usarli in maniera intelligente. Io credo che il popolo persiano non si fermerà. E spero che non lo faccia neanche il resto del mondo.
Come immagina l’Iran moderno? Ritiene che sia arrivato il momento non di un ritorno al passato ma di un passo avanti, verso il mondo libero?
Senz’altro il passo sarà in avanti. Resto, nonostante tutto, fiduciosa in una rinascita totale di un paese che merita di tornare a brillare come un tempo ma con una consapevolezza diversa. Quando si riuscirà a uscire da questa morsa terribile di violenza ed ingiustizia, quando tutto questo sarà finito, l’Iran potrà fare quel passo in avanti a cui non è stato preparato in passato, perché oggi sono più che pronti, invece.
Concludiamo il nostro dialogo con una domanda sulla sua attività di attrice. Il suo ultimo film, “Oro & Piombo”, un western diretto da Emiliano Ferrera, ha avuto un’ottima accoglienza e può essere visto anche su Amazon Prime. Il western è un genere particolare, o lo si ama o lo si detesta: che sensazioni ha avuto recitando per la prima volta in un genere come questo?
È strano perché io facevo parte di quella categoria che non ha mai amato i film western. Il destino mi ha catapultato in questo mondo, mi ha fatto incontrare, a partire dal regista Ferrera, tante persone innamorate del genere, e girando questo film ho avuto modo di toccare con mano quanto sia diverso da tutti gli altri generi e me ne sono follemente innamorata. Abbiamo girato in 21 giorni un film di 94 minuti in costume, con cavalli e location particolari e con un budget di soli 6 mila euro.
Non si può concludere un’intervista, per la quale la ringrazio, senza chiedere quali sono i suoi progetti futuri.
Stiamo vincendo diversi premi con “Black Town”, un corto western sempre diretto da Emiliano Ferrera, ma vorremmo sviluppare la serie tv di “Oro & Piombo”. Conto anche di realizzare quanto prima la pilota di una serie sul brigantaggio dei castelli romani, una storia vera e potente che farà innamorare la gente di qualsiasi età. In primavera dovrebbe partire anche il film con il grande Ronn Moss, un western di cui sono autrice, una storia basata sempre sulla forza delle donne che vedrà Ronn non solo come attore ma anche come regista. La sottoscritta sarà sua figlia con un carattere che ricorderà per certi versi Claire Peralta (la protagonista di “Oro e Piombo”) ma molto più dinamica ed irrequieta.
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