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Beppo Noldin e i suoi aguzzini

di Reinhard Christanell

Foto: David Kruk

Tutti i diritti riservati (c)

L’archivio del Novecento Trentino dedica un ampio database agli “Oppositori al fascismo” attivi in regione. Si tratta, per ora, di 3498 schede di "gente comune”. Tra i “sovversivi” del ventennio compare anche “Noldin Giuseppe” di Salorno.

La casa di Josef Noldin


La sua scheda contiene i dati relativi al fascicolo presso il Casellario Politico Centrale. Alla voce “colore politico” viene qualificato come “antifascista”. Annotato anche il confino di polizia subito nel 1927 “per essersi battuto per i diritti degli altoatesini di lingua tedesca”. Durata: cinque anni, poi ridotti a due.

Josef “Beppo” Noldin era uno dei più noti e attivi oppositori al fascismo in Alto Adige. Era nato a Salorno nel 1888 da madre nordtirolese e padre originario della Val di Non. Studiò a Bolzano, Trento, Feldkirch e Rovereto e nel 1907 assolse il suo anno di servizio militare nei Kaiserjäger. Dal 1907 al 1912 studiò giurisprudenza a Innsbruck. Intraprese la carriera di avvocato svolgendo la pratica a Mezzolombardo presso lo studio dell’avvocato Ossanna fino al 1914. Allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò nei Kaiserjäger a Rovereto e fu mandato in Galizia. Ferito l’11 novembre a Lemberg / Leopoli, fu ricoverato all’ospedale di Trento. Tornò al fronte nel 1915 e fu fatto prigioniero dai Russi che lo trasferirono in Siberia, dove rimase fino al 1920.

Nel frattempo, l’impero austro-ungarico si era frantumato e il Tirolo meridionale era stato aggregato all’Italia. Noldin, prigioniero di guerra, divenne italiano a sua insaputa tanto che rifiutò di dichiararsi tale davanti alla commissione italiana che voleva imbarcarlo su una nave di prigionieri diretta in Italia. Tornò comunque a casa il 13 aprile 1920 e aprì il suo studio di avvocato a Salorno.

Difese con successo un gruppo di giovanotti del paese che secondo le autorità avevano oltraggiato il corpo dei carabinieri il giorno di carnevale. Da quel momento, il suo nome entrò a far parte dei “nemici dello stato”. Fu arrestato una prima volta il 10 dicembre 1925 e trattenuto in carcere fino al 7 gennaio 1926. Il processo ebbe luogo a Trento e Noldin scoprì soltanto allora di essere accusato di aver pronunciato “parole oltraggiose” nei confronti del regime e dell’arma dei carabinieri. Secondo il pubblico ministero, avrebbe rivolto la parola “aguzzini” ai carabinieri che lo stavano interrogando per una raccolta di fondi per una festa di Natale dei bambini del paese. Noldin negò l’imputazione affermando che neppure conosceva quel termine poco usuale a Salorno e il giudice stesso ritenne infondata l’accusa. Venne comunque condannato a cinque giorni di arresto (dopo averne scontati venticinque!) e 500 Lire di ammenda per aver raccolto fondi per una festa di Natale non autorizzata.


Come da un copione già scritto e identico a quello di altri protagonisti dell’antifascismo, fu nuovamente arrestato il 23 gennaio 1927 e incarcerato a Trento. Questa volta l’accusa fu quella di aver organizzato, insieme al canonico Gamper e al maestro Rudolf Riedl di Termeno, lezioni private di lingua tedesco per i bambini della Bassa Atesina. La condanna fu pesante: confino a Lipari per cinque anni. A Lipari, dove conobbe molti antifascisti italiani, si ammalò di febbre malarica. Gli fu consigliato di chiedere la grazia ma rifiutò: non voleva la grazia, ma i suoi diritti. La madre inoltrò la domanda a sua insaputa e alla successiva amnistia la sua pena fu ridotta a due anni.

Tornò a Salorno nell’inverno 1928. Sperava di potersi dedicare alla famiglia e alla sua professione ma nel frattempo le autorità lo avevano cancellato dall’albo degli avvocati. Gli venne negata anche la possibilità di recarsi a Karlsbad per curare la malattia contratta a Lipari. Fu operato due volte a Bolzano ma le sue condizioni di salute peggiorarono di giorno in giorno. Morì il 14 dicembre 1929 all’età di 41 anni lasciando la mogie e quattro figli. Migliaia di persone accorse da tutta la Bassa Atesina assistettero ai suoi funerali. In tutta Europa si commemorò quest’eroe dell’antifascismo. Sulla sua lapide il regime permise di scrivere solo le sue iniziali.

Negli anni ‘70 del secolo scorso, la casa di Noldin fu acquistata da un ente pubblico e trasformata in ostello per la gioventù. Divenne un luogo d’incontro tra uomini e culture diverse e il fatto che si trovasse proprio a Salorno, confine tra due grandi aree linguistiche e culturali, la trasformò in un luogo simbolico per la rinascita dell’Europa unita.



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