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I primi abitanti dell'Unterland

di Reinhard Christanell ©

Servizio fotografico: David Kruk ©


Per noi, abitanti “urbanizzati” del fondovalle, è difficile immaginare una vita in alta quota. Certo, ci si può passare una giornata o, tuttalpiù, una vacanza – ma trascorrere tutto il proprio tempo lassù, tra i 1800 e i 2000 metri e oltre, appare improponibile. Oggi, forse, lo fanno ancora certi pastori d’estate: ma il più delle volte circondati dai comfort della vita in valle.


Eppure, c’era un tempo neppure lontanissimo da noi, in cui la permanenza in alta montagna era la norma o, evidentemente, una necessità – anche qui nella luminosa valle dell’Adige tra Bolzano e Salorno. Siamo forse nell’VIII o VII millennio a.C. o, in casi sporadici, anche qualche tempo prima. La lenta ma costante ripopolazione del territorio alpino e subalpino dopo l’era glaciale “wurmiana” terminata circa 10000 anni fa (e che aveva ricoperto tutta la valle di uno spesso strato di ghiaccio che ha modellato il territorio), come testimoniano i ritrovamenti nei vari ripari su entrambi i versanti della valle (esemplare a tal proposito l’esempio della dorsale della Mendola) è iniziata proprio dalle sommità, dai fitti boschi che allora, grazie al clima meno rigido di quello odierno, raggiungevano un limite di 200 o 300 metri superiore a quello attuale. Certo, era un’esistenza precaria, perennemente legata a un filo. La caccia, con i mezzi rudimentali dell’epoca, poteva anche essere ricca ma, si sa, non c’era modo di conservare il cibo se non per brevissimo tempo. E poi l’esposizione continua a intemperie e malattie contribuiva ulteriormente a complicare il cammino di questi nomadi che probabilmente godevano di una vita piuttosto breve.

Poi, nei secoli, tra mesolitico finale e incipiente neolitico (la rivoluzione agricola mediorientale, avvenuta qualche millennio prima, gradualmente prese piede anche in Europa centrale e nelle nostre valli), la “discesa” è stata lentissima e non certo indolore. Lunghi periodi di convivenza forzata tra popolazioni “antiche” e “nuove” hanno caratterizzato questo passaggio epocale ma, alla fine, le impellenze dell’agricoltura e i suoi indubbi vantaggi per la vita comunitaria hanno indotto le famiglie a “posizionarsi” sulle terrazze a mezza costa (per esempio sul Guncina) o addirittura più in basso, sui conoidi alluvionali così frequenti in Bassa Atesina.

Sappiamo poco, di quei tempi, di quell’errare tra i monti sulle tracce di un animale da cacciare, degli usi di gente coriacea, del loro rapporto con il divino e l’eredità degli avi. I ritrovamenti (di cumuli di ossa animali, di qualche attrezzo litico) hanno permesso di ricostruire un quadro di massima della vita dei cacciatori e raccoglitori che “popolavano” le alture dell’Unterland ma certo siamo in presenza di dati e conoscenze ancora molto parziali. Rimane inoltre da chiarire anche la circostanza non certo secondaria se questi soggiorni sotto le rocce fossero limitati alla bella stagione o invece si protraessero per tutto l’arco dell’anno. Siamo propensi a credere che con le prime nevicate iniziasse “la ritirata” verso zone meno esposte che offrissero maggiori possibilità di sopravvivenza – anche se non vi sono prove dirette che questo avvenisse. È anche possibile che questi cacciatori, al termine della stagione venatoria vera e propria, tornassero al proprio luogo d’origine, per esempio verso le Prealpi venete o il Trentino meridionale. In base alle ricerche effettuate sul campo sappiamo che il territorio in cui si muovevano era abbastanza esteso: dall’Alto Garda fino al Doss Trento, dalla Piana Rotaliana a quella bolzanina e poi fino a Villandro in Val d’Isarco e a Tarces in Val Venosta. Ma non vi sono certezze assolute, al riguardo. Certo è, invece, che dovevano mangiare anche d’inverno: e probabilmente avevano trovato il modo di cacciare animali più piccoli o addirittura di pescare nei meandri e laghetti dell’Adige, come testimoniano i ritrovamenti presso Salorno.

Vedremo, nelle prossime visite, i luoghi più significativi di queste migrazioni stagionali in Bassa Atesina, che hanno preceduto l’insediamento stabile delle popolazioni dedite all’agricoltura, la cui comparsa è databile attorno al V millennio a.C.





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