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Le anatre rapite

di Reinhard Christanell (c)


La storia di uno strano furto di anatroccoli, di una gallina dall'istinto materno troppo sviluppato e della severa punizione inflitta ai presunti mandanti...

Il centro di Laives a fine '800


La cosiddetta “Dekadenz” viennese, ossia il lento ma inesorabile declino della monarchia asburgica, descritta magistralmente da Joseph Roth nel suo romanzo “Radetzkymarsch”, stava volgendo al tragico epilogo della grande guerra. Il destino di un impero durato 600 e più anni ma anche la vita quotidiana dei suoi cittadini erano segnati dalla rassegnazione all’ineluttabile. Ciò nonostante, ai confini dell’impero, il vecchio mondo procedeva ancora sui binari di una quotidianità tranquilla quanto monotona – non fosse stato per la presenza sempre più assillante della Kleinkriminalität ossia l’attività delinquenziale dei cosiddetti “ladri di galline” (in senso lato). Non sarà certo un caso, se proprio nel 1892, anno in cui avvennero i fatti che stiamo per narrare, lo scrittore inglese Conan Doyle pubblicò “Le avventure di Sherlock Holmes”.

Non ci vollero invece Holmes e Watson per venire a capo di un misfatto accaduto a Laives, allora paesino di un migliaio di anime. Dalla locale riserva di caccia, riferì la Bozner Zeitung del 23.08.1892, gestita al noto imprenditore Anton Monsorno, erano sparite otto uova di anatra selvatica.

Dopo accurate indagini, seguite alla denunzia del Monsorno, il capo della gendarmeria di Bronzolo Angelo Alverà e il messo comunale di Laives Nikolaus Kofler, individuarono i responsabili del latrocinio e, soprattutto, anche gli starnazzanti corpi del reato. Per ironia della sorte, questa volta c’entrava veramente una gallina – ma l’attenzione dei detective fu rivolta non a costei bensì al suo presunto complice, tale Stefan Bernard detto Stoff di Laives, noto alle cronache.

Secondo l’accusa, costui aveva sottratto le 8 uova facendole poi covare dalla suddetta gallina del suo vicino di casa, di nome Bologna. Costui, alla vista del gendarme, del messo e del Monsorno prese immediatamente le distanza dalla gallina di sua proprietà: seconda la sua versione, egli non era a conoscenza delle sue frequentazioni e attività illecite. Costei, probabilmente, si sarebbe difesa asserendo che aveva seguito unicamente il proprio istinto materno, non certo quello criminale. Ma in realtà non disse nulla, neppure quando i tre visitatori intimarono l’immediata riconsegna degli anatroccoli.

Sopravvenne il Bernard stesso, sostenendo che la gallina aveva covato le uova a sua insaputa. Poiché le sue affermazioni furono messe in dubbio, colpi con pugni e calci il gendarme il quale, per difendersi, fu costretto a puntargli sul collo la propria baionetta d’ordinanza. Quando volle mettergli le manette ai polsi, intervenne il padre del Bernard, anche lui propenso ad addossare tutte le responsabilità all’incauta gallina. Per essere più convincente, minacciò l’allibito gendarme con un coltello e insieme alla moglie, che gli strappò di mano la baionetta, rifilò un pugno in pieno viso al povero Alverà. Questi cadde a terra ma subito dopo, afferrata l’arma, sparò vari colpi in direzione del fuggitivo Stoff, senza tuttavia colpirlo. Il giorno seguente, Stoff si presentò spontaneamente alla gendarmeria di Bolzano per essere interrogato e quindi arrestato.

Al processo, il Bernard, ritenuto colpevole anche di altri delitti avvenuti sempre a Laives e di cui si era imprudentemente vantato nelle osterie (tra cui una truffa ai danni di una vedova e il danneggiamento di un carro che gli aveva rifiutato un passaggio), fu condannato a tre anni di carcere duro, il padre a tre mesi. La gallina fu assolta per insufficienza di prove.






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